Daniele Sala, CEO Dama Sportswear

La bicicletta è simbolo per antonomasia di libertà. Ma con il cycling indoor durante il lockdown si è comunque riusciti in parte a sopperire alla mancanza di vento in faccia. Come vedi questo fenomeno?

“L’Italia era ancora un po’ scettica nei confronti del training indoor prima di questa esperienza. Noi siamo la patria del ciclismo e in questo senso ci sentiamo un po’ dei puristi, non particolarmente entusiasti dei processi di gamification di quella che consideriamo una tradizione quasi sacra. Il lockdown ci ha un po’ smussato gli angoli in questo senso e ha fatto capire a molti di noi che la passione può vestire molti abiti, pur restando profondamente fedele a se stessa. Così Zwift, Rouvy, Suffer Fest e tutte le altre piattaforme, sono diventate anche per noi una valida integrazione al training abituale. Noi in Dama siamo certi che questo sia un cambiamento arrivato per restare e che il training tra le mura domestiche avrà la propria dignità e ulteriore crescita nei prossimi mesi e nelle prossime stagioni. In questo senso anche le necessità di chi pedala cambieranno, anche per quanto riguarda il nostro business. L’abbigliamento pensato per l’allenamento tra le mura di casa è sostanzialmente diverso da quello per l’outdoor e richiede tecnologie differenti per soddisfare esigenze nuove. Nuovi tessuti, nuove tecnologie di assemblaggio nella confezione, nuovi tagli. Tutti dettagli ai quali la nostra azienda sta lavorando”.

 

Con la ripresa della possibilità di uscire a pedalare, come ti sembra si stiano comportando i ciclisti e quali consigli ti sentiresti di dare? 

“La clausura forzata ha esasperato gli animi di tutti, non solo dei ciclisti. L’apertura, seppur contenuta nella larghezza delle maglie, è stata come una fessura che si apre su una diga che contiene migliaia di metri cubi d’acqua e altrettanta energia potenziale. C’è stata una vera deflagrazione in questi giorni; sicuramente non raccomandabile, ma certamente umanamente comprensibile. Adesso però è il momento di darsi una misura. Dopo il primo rush, bisogna calmarsi e avere ragionevolezza e intelligenza. Godiamoci la nostra passione per il ciclismo, ma cerchiamo di farlo con criterio e non in gruppo”.

 

Le vacanze per quest’anno hanno grandi incognite. Pensi che il cicloturismo potrebbe diventare una buona soluzione? 

“Questa è una domanda che fatta ad uno come me, apre le porte a discorsi che potrebbero essere infiniti. Il ciclismo si presta bene per il turismo, ma anche per esperienze di grande avventura e di arricchimento personale. E’ sotto gli occhi di tutti quello che Jovanotti ha fatto con il suo viaggio in Patagonia in bicicletta. E’ stato uno spettacolo vederlo e sentire quante persone si sono appassionate a questa idea del viaggio a pedali. Personalmente con Dama faccio da anni questo genere di imprese. Nel 2016 siamo stati in bici nella regione di Ladakh in India, tra le catene montuose del Karakorum e dell’Himalaya, nel 2017 è stata la volta di un lungo viaggio in  Marocco, con 700 km affrontati in totale autonomia in mtb nella catena montuosa dell’alto Atlante, l’anno dopo un viaggio in mtb nel Deserto del Negev verso il Cratere Ramon e uno in bici da corsa dal Mar Morto a Tel Aviv. Le ultime grandi avventure sono dello scorso anno, con una gara invernale in mtb nella capitale della Lapponia, nel Nord della Finlandia e con una entusiasmante spedizione in Mountain Bike fino agli oltre 5000 metri di quota del Campobase dell’Everest EBC. Chiedere a me se il cicloturismo sia una buona soluzione, è una domanda alla quale non posso che dare una risposta entusiasta”.

 

Il vostro è un prodotto che si rivolge anche ai team agonistici. Come vivete aziendalmente l’assenza di gare?  

“Il ciclismo vive di tante vesti, come dicevamo prima. Ci sono molti modi di amarlo e molte interpretazioni per viverlo. Innegabilmente per noi che facciamo abbigliamento personalizzato, l’assenza di un calendario agonistico incide parecchio sul metabolismo dell’azienda. I team non gareggiano, non hanno necessità di abbigliamento per la stagione, le gare vengono meno e con loro anche il contatto diretto con i clienti e con le squadre. Come tutti ci stiamo attrezzando per adattarci alla nuova situazione, cercando di contenere alcuni costi e spingendo su altri”.

 

Con i nuovi processi imposti aziendalmente nelle filiere e con le difficoltà delle relazioni tra diversi stati, pensi che il prezzo dei vostri prodotti potrebbe subire variazioni? 

“Il nostro è un prodotto interamente made in Italy e di questo siamo orgogliosi. La nostra è una filiera interna che controlliamo direttamente e che quindi risulta molto versatile anche nei cambiamenti di impostazione. Il nostro impegno sarà quello di fare in modo che nessuno dei nostri prezzi cambi e che tutti gli appassionati e nostri clienti, vecchi e nuovi, possano continuare  trovare in noi sempre un punto di riferimento per avere accesso a servizi rivolti alle proprie passioni alle condizioni economiche di sempre”.


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